Nella colonna sonora di un famoso film della saga di 007, Sam Smith canta:
If I risk it all, could you break my fall?
Se rischio tutto, riesci a interrompere la mia caduta?
Abbiamo scritto -e scriveremo- tante volte sul cadere. Si può parlare delle cadute dal punto di vista didattico, tecnico, esperienziale, funzionale, estetico… Ne abbiamo parlato anche in relazione a progetti di rilevanza sociale, in cui si è ridotta drasticamente la percentuale di infortuni grazie a corsi in cui si è insegnato a cadere.
Ma resta il fatto che l’importanza della caduta, specialmente nell’Aikido, si manifesta in ciò che accade “dentro” a chi cade.
Non ci nascondiamo dietro a un dito: affrontare le cadute (le ukemi – 受身) è uno spartiacque tra chi prosegue il (per)corso di Aikido e chi interrompe la pratica. Una didattica appropriata riesce a ridurre al minimo questa condizione ma non ad eliminarla.
Ma è un dato di fatto che chiunque abbia provato su di sé la sensazione di una proiezione (o caduta alta o tobi ukemi – 飛び受身), ha fatto esperienza di una sospensione del tempo.
Il momento della caduta appare lunghissimo, mentre in effetti si tratta di una frazione di secondo.
Dal punto di vista fisico e neurologico è tutto spiegabile: il nostro sistema è abituato ad una postura eretta, in cui la sensazione della gravità e dell’equilibrio sono riferimenti costanti. Un esercizio dinamico che inverta il sopra col sotto, sorprende il nostro sistema. Il quale, in assenza di riferimenti, fa esperienza di una dilatazione del tempo.
Per fare questa esperienza, bisogna accettare il rischio.
Chi pratica da un po’ di tempo e cade con una certa regolarità sa che il rischio si riduce ad un impatto su un tatami che comunque è ammortizzato.
Il rischio quindi, in realtà, non esiste. Ma il nostro cervello non lo sa e deve imparare a fare qualcosa di molto raro: fidarsi. Di se stessi e del compagno.
Se rischio tutto, riesci a interrompere la mia caduta?
Rischiamo ogni giorno: nel traffico, nelle relazioni professionali, confrontandoci con l’estratto conto, nei rapporti personali, nell’esporre il nostro corpo e la nostra salute all’inesorabile fluire del tempo…
Se ci pensiamo bene, gran parte del nostro tempo è vissuto come se fossimo in caduta libera in mezzo ad eventi più grandi di noi. Intorno a noi le persone transitano e vanno via, i legami, anche i più solidi, tendono a dissolversi col tempo. La maggiorparte di quelle che consideriamo certezze, in fondo non lo sono.
Diventa importante osare interrompere questa caduta. Ecco perché nel suo grande piccolo, una disciplina come l’Aikido insegna a chiamare la realtà col suo nome e a far crescere la capacità di responsabilità. Che è abilità di saper rischiare e sapere come ancorare e radicare se stessi al coraggio di perdere l’equilibrio.
In altri termini: smettere di aver paura di cadere e saper trovare quelle ancore su cui poter costruire se stessi. Questa è l’essenza di una pratica marziale: poter rispondere alla domanda:
Se rischio tutto, riesci a interrompere la mia caduta?